Il matrimonio di Giulia: un’invitata

In fondo a due ali di invitati che rivolti all’indietro si sporgevano curiosi, un secondo baldacchino del tutto simile a quello dei musicisti era incorniciato da una cinematografica veduta delle colline toscane. Lì, ad attenderla al fianco di Don Giacomo, c’era Andrea.

Nel riprendere il suo lento incedere verso quella meta finale con un sentimento di ansia mista ad emozione, una galleria infinita di volti che la fissavano sorridenti le apparvero ognuno per una frazione di secondo.

Ecco nelle ultime file insieme agli altri colleghi dello studio, Giovanna, la segretaria storica del padre, emozionata e truccatissima. I suoi capelli, tinti per l’occasione di un abbagliante biondo platino, davano quel giorno un nuovo significato al termine “mossi”. Sembrava che il coiffeur che l’aveva pettinata, invece di armeggiare per ore con l’asciugacapelli, le avesse fatto semplicemente mettere le dita nella presa della corrente elettrica.

Poco più in là si intravedeva la nuca pelata dello zio Sergio, il fratello minore di suo padre. Impettito e severo, era un particolare tipo di ometto sempre pieno di invidia e permalosità. Compresso in un abito di tasmania grigio antracite che non lasciava spazio ad alcun respiro che non fosse strettamente necessario, appariva preoccupatissimo che qualcuno potesse trovare in lui qualcosa che non andasse. (…)

Al suo fianco, agghindata in pompa magna ed ostentatamente emozionata, c’era la moglie Giada. All’apparenza cordiale ed affettuosa, era primatista in pettegolezzi e sempre pronta ad impicciarsi negli affari altrui. Riguardo a se stessa non perdeva occasione per fregiarsi dell’immagine di instancabile lavoratrice e madre di famiglia.  Era di quelle persone, tutto sommato neanche cattive di animo, così irrimediabilmente malate di protagonismo da volersi mettere sempre al centro dell’attenzione.

Giulia si domandò per un istante se le sue smorfie di commozione e lo sforzo di mantenere costantemente gli occhi lucidi fossero evidenti solo a lei o anche a tutti gli altri ospiti. Fin da subito indovinò su cosa si sarebbero incentrati gli sforzi esibizionisti della zia per l’intera serata. Mostrando il suo grande amore per la nipote si sarebbe accreditata agli occhi dei familiari dello sposo e degli amici comuni come una zia straordinariamente amorevole in modo tale da suscitare il loro interesse. Dopo di che, ottenuto il pretesto per iniziare una conversazione, si sarebbe gettata nella consueta abbondante mostra di sé.

Accanto a lei, al di sotto di un paralume verde-prato adibito a cappellino, si scorgeva il pallidissimo volto della figlia trentaseienne, una di quelle ragazze sfortunate che nelle famiglie agiate divengono dei casi pietosi a causa del confronto con l’ambiente circostante; di quelle che quando si parla di loro il tono di voce subito si abbassa e le espressioni del viso si fanno rammaricate. Addobbata a festa con uno sfarzoso abito color crema a fiori colorati che sul suo corpo in sovrappeso richiamava un lampadario veneziano del settecento, la sua totale mancanza di appetibilità era universalmente riconosciuta. L’espressione sempre svagata ed un po’ imbronciata non faceva che ribadire le ragioni di quell’opinione diffusa dovuta del resto anche alla latitanza di una qualsiasi forma d’intelligenza o brillantezza di spirito. Per questo la missione di maritarla che per anni aveva mobilitato tutta la parentela si era da tempo rivelata un’impresa impossibile ed il suo stato di zitella veniva ormai accettato con rammaricata rassegnazione. (…)

Proprio in quel momento la madre si era voltata verso di lei per sorvegliare il suo contegno e controllarle il vestito. In quell’attenzione al suo aspetto aveva la stessa sollecitudine di quegli agenti immobiliari che nel mostrare un appartamento sfitto da parecchio tempo si precipitano ad aprire le finestre perché vada via l’odore di chiuso. Tuttavia, così come i raggi del sole ed un po’ d’aria fresca non possono trasformare un monolocale fatiscente in un loft prestigioso, gli sforzi di sua zia non avevano alcuna speranza di rendere la figlia attraente se non per qualche attempato single fortemente miope ed amante dello stile country di Laura Ashley.

Massimo Di Veroli, Giugno, anime inquiete, L’Erudita, pp. 88/91

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento