Il nonno di Giulia

Un bacio commosso almeno quanto imbarazzato da parte di Giulia che non era mai stata disinvolta nell’abbandonarsi in pubblico ai gesti di affetto, sancì la fine della cerimonia.

La prima persona che si avvicinò a lei fu sua madre che raggiante la strinse in un caloroso abbraccio. Quindi, tra l’invadente sollecitudine delle congratulazioni dei suoceri ed i baci affettuosi delle sue sorelle e dei loro mariti, ecco farsi largo a fatica suo nonno Aldo.

Giulia piena di commozione gli si fece incontro con tenera premura. Nutriva un amore sconfinato per quel dolcissimo novantenne. I suoi folti capelli d’argento mal si accordavano con il pallido colorito sul quale risaltavano due occhi incredibilmente buoni e sinceri. Nel suo sguardo si poteva tranquillamente leggere tutto di quel vecchio. S’indovinava la commozione per il matrimonio della nipote prediletta ma anche la consapevolezza che probabilmente quella sarebbe stata l’ultima cerimonia alla quale avrebbe assistito.

Ci sono uomini che invecchiando s’immalinconiscono oltre misura, feriti dall’età avanzata che vivono con amarezza. Aldo aveva pudore del suo incedere incerto, del bisogno di appoggiarsi ad un bastone, dei movimenti allentati, di dover chiedere aiuto per cose che giudicava elementari e se ne vergognava. Soprattutto si rammaricava di non sentirsi più lui ma solo il suo stanco ricordo.

Dotato di un talento per il disegno straordinario, da autodidatta aveva fin da giovane ritratto un’infinità di volti, paesaggi e scorci di città. Successivamente, nei ritagli di tempo rubati al suo lavoro, si era dedicato alla pittura ad olio lasciando ai propri familiari un inesauribile patrimonio di tele raffiguranti fontane, carrozzelle con i cavalli, uomini seduti ai tavoli delle osterie e mille altri episodi che ritraevano con passione e poesia squarci di una Roma ormai estinta.

Giulia era legatissima tanto ai quadri ed ai disegni che il nonno le aveva regalato quanto al suo splendido mondo interiore. Uomo di rara sensibilità, sentiva con lui un legame profondo. Nelle sue frequenti visite domenicali lo spingeva a raccontarle le vicende vissute durante la guerra a caccia di qualche dettaglio a lei ancora sconosciuto. Spesso gli chiedeva di mostrargli qualcuno degli innumerevoli schizzi fatti in quel periodo che conservava gelosamente nel suo studiolo.

Amava tutto di lui, dalla sua smisurata modestia alla discrezione d’altri tempi. Avendo cominciato a lavorare a diciassette anni per aiutare i propri genitori, Aldo non aveva potuto terminare le scuole superiori di conseguenza il suo modo di esprimersi era piuttosto semplice. Giulia però non lo aveva mai ritenuto un limite. Al contrario, le appariva l’inevitabile lotta tra il suo vocabolario e l’immensa profondità del suo animo. Ora poi che l’età avanzata lo conduceva spesso ad incespicare nelle parole o ad arrestarsi a metà di un concetto, la tenerezza che avvertiva per lui era infinita.

Quando un giorno, dopo mille insistenze, era riuscita a cavargli un’opinione sincera sul suo fidanzato, quel termine “antipaticuccio” sussurrato con occhi dispiaciuti ed imbarazzati, l’aveva ferita indicibilmente. Ora  quegli stessi occhi si avvicinavano a lei pieni di commozione in attesa di stringerla in un tenero ed affettuoso abbraccio.

(Da: Giugno, anime inquiete – Massimo Di Veroli)

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